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domenica 28 febbraio 2016

Meditazione sul Sacramento del Perdono n. 2 - Prima parte

Meditazione sul Sacramento del Perdono n. 2 - Seconda parte

Meditazione sul Sacramento del Perdono n. 2 - Terza parte


giovedì 25 febbraio 2016

Udienza Generale del 24 febbraio 2016: Misericordia e Potere

Cari fratelli e sorelle, buongiorno.

Proseguiamo le catechesi sulla misericordia nella Sacra Scrittura. In diversi passi si parla dei potenti, dei re, degli uomini che stanno “in alto”, e anche della loro arroganza e dei loro soprusi. La ricchezza e il potere sono realtà che possono essere buone e utili al bene comune, se messe al servizio dei poveri e di tutti, con giustizia e carità. Ma quando, come troppo spesso avviene, vengono vissute come privilegio, con egoismo e prepotenza, si trasformano in strumenti di corruzione e morte. È quanto accade nell’episodio della vigna di Nabot, descritto nel Primo Libro dei Re, al capitolo 21, su cui oggi ci soffermiamo.

In questo testo si racconta che il re d’Israele, Acab, vuole comprare la vigna di un uomo di nome Nabot, perché questa vigna confina con il palazzo reale. La proposta sembra legittima, persino generosa, ma in Israele le proprietà terriere erano considerate quasi inalienabili. Infatti il libro del Levitico prescrive: «Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e ospiti» (Lv 25,23). La terra è sacra, perché è un dono del Signore, che come tale va custodito e conservato, in quanto segno della benedizione divina che passa di generazione in generazione e garanzia di dignità per tutti. Si comprende allora la risposta negativa di Nabot al re: «Mi guardi il Signore dal cederti l’eredità dei miei padri» (1 Re 21,3).

Il re Acab reagisce a questo rifiuto con amarezza e sdegno. Si sente offeso - lui è il re, il potente -, sminuito nella sua autorità di sovrano, e frustrato nella possibilità di soddisfare il suo desiderio di possesso. Vedendolo così abbattuto, sua moglie Gezabele, una regina pagana che aveva incrementato i culti idolatrici e faceva uccidere i profeti del Signore (cfr 1 Re 18,4), - non era brutta, era cattiva! - decide di intervenire. Le parole con cui si rivolge al re sono molto significative. Sentite la cattiveria che è dietro questa donna: «Tu eserciti così la potestà regale su Israele? Alzati, mangia e il tuo cuore gioisca. Te la farò avere io la vigna di Nabot di Izreel» (v. 7). Ella pone l’accento sul prestigio e sul potere del re, che, secondo il suo modo di vedere, viene messo in discussione dal rifiuto di Nabot. Un potere che lei invece considera assoluto, e per il quale ogni desiderio del re potente diventa un ordine. Il grande Sant’Ambrogio ha scritto un piccolo libro su questo episodio. Si chiama “Nabot”. Ci farà bene leggerlo in questo tempo di Quaresima. È molto bello, è molto concreto.

Gesù, ricordando queste cose, ci dice: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo» (Mt 20,25-27). Se si perde la dimensione del servizio, il potere si trasforma in arroganza e diventa dominio e sopraffazione. E’ proprio ciò che accade nell’episodio della vigna di Nabot. Gezabele, la regina, in modo spregiudicato, decide di eliminare Nabot e mette in opera il suo piano. Si serve delle apparenze menzognere di una legalità perversa: spedisce, a nome del re, delle lettere agli anziani e ai notabili della città ordinando che dei falsi testimoni accusino pubblicamente Nabot di avere maledetto Dio e il re, un crimine da punire con la morte. Così, morto Nabot, il re può impadronirsi della sua vigna. E questa non è una storia di altri tempi, è anche storia d’oggi, dei potenti che per avere più soldi sfruttano i poveri, sfruttano la gente. È la storia della tratta delle persone, del lavoro schiavo, della povera gente che lavora in nero e con il salario minimo per arricchire i potenti. È la storia dei politici corrotti che vogliono più e più e più! Per questo dicevo che ci farà bene leggere quel libro di Sant’Ambrogio su Nabot, perché è un libro di attualità.

Ecco dove porta l’esercizio di un’autorità senza rispetto per la vita, senza giustizia, senza misericordia. Ed ecco a cosa porta la sete di potere: diventa cupidigia che vuole possedere tutto. Un testo del profeta Isaia è particolarmente illuminante al riguardo. In esso, il Signore mette in guardia contro l’avidità i ricchi latifondisti che vogliono possedere sempre più case e terreni. E dice il profeta Isaia:

«Guai a voi, che aggiungete casa a casa
e unite campo a campo,
finché non vi sia più spazio,
e così restate soli
ad abitare nel paese» (Is 5,8).

E il profeta Isaia non era comunista! Dio, però, è più grande della malvagità e dei giochi sporchi fatti dagli esseri umani. Nella sua misericordia invia il profeta Elia per aiutare Acab a convertirsi. Adesso voltiamo pagina, e come segue la storia? Dio vede questo crimine e bussa anche al cuore di Acab e il re, messo davanti al suo peccato, capisce, si umilia e chiede perdono. Che bello sarebbe se i potenti sfruttatori di oggi facessero lo stesso! Il Signore accetta il suo pentimento; tuttavia, un innocente è stato ucciso, e la colpa commessa avrà inevitabili conseguenze. Il male compiuto infatti lascia le sue tracce dolorose, e la storia degli uomini ne porta le ferite.

La misericordia mostra anche in questo caso la via maestra che deve essere perseguita. La misericordia può guarire le ferite e può cambiare la storia. Apri il tuo cuore alla misericordia! La misericordia divina è più forte del peccato degli uomini. È più forte, questo è l’esempio di Acab! Noi ne conosciamo il potere, quando ricordiamo la venuta dell’Innocente Figlio di Dio che si è fatto uomo per distruggere il male con il suo perdono. Gesù Cristo è il vero re, ma il suo potere è completamente diverso. Il suo trono è la croce. Lui non è un re che uccide, ma al contrario dà la vita. Il suo andare verso tutti, soprattutto i più deboli, sconfigge la solitudine e il destino di morte a cui conduce il peccato. Gesù Cristo con la sua vicinanza e tenerezza porta i peccatori nello spazio della grazia e del perdono. E questa è la misericordia di Dio.



giovedì 11 febbraio 2016

Meditazione sul Sacramento del Perdono n. 1 - Terza parte

Meditazione sul Sacramento del Perdono n. 1 - Seconda parte

Meditazione sul Sacramento del Perdono n. 1 - Prima parte

mercoledì 10 febbraio 2016

S. Rosario della Misericordia


1° Mistero della Misericordia
Gesù chiama Matteo il pubblicano (Lc 5,27-30)
Chiamata di Levi
Dopo ciò egli uscì e vide un pubblicano di nome Levi seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì.
Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla di pubblicani e d’altra gente seduta con loro a tavola. I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?». Gesù rispose: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi».
Commento:
Gesù chiama Matteo e il pubblicano e si siede a tavola con gente emarginata dalla società. Con questo gesto Gesù riammette questi uomini alla sua amicizia grazie al perdono che offre loro. Quella Misericordia che vuole restituire ogni uomo e ogni donna nella sua dignità, abbattendo i muri di separazione che rendono gli uomini e le donne estranei e nemici tra di loro. Gesù apre gli uomini e le donne di ogni tempo all’incontro tra di loro vincendo la tentazione di separare, dividere ed emarginare: Solo il perdono di Gesù, vince in noi la separazione con i fratelli causata dal peccato e ci riconduce nella comunità dei figli di Dio.
Padre nostro….

2° Mistero della Misericordia
Gesù perdona la donna peccatrice (Lc 7,36-49)
La peccatrice perdonata
Uno dei farisei lo invitò a pranzo; ed egli, entrato in casa del fariseo, si mise a tavola. Ed ecco, una donna che era in quella città, una peccatrice, saputo che egli era a tavola in casa del fariseo, portò un vaso di alabastro pieno di olio profumato; e, stando ai piedi di lui, di dietro, piangendo, cominciò a rigargli di lacrime i piedi; e li asciugava con i suoi capelli; e gli baciava e ribaciava i piedi e li ungeva con l’olio. Il fariseo che lo aveva invitato, veduto ciò, disse fra sé: «Costui, se fosse profeta, saprebbe che donna è questa che lo tocca; perché è una peccatrice». E Gesù, rispondendo gli disse: «Simone, ho qualcosa da dirti». Ed egli: «Maestro, di’ pure». «Un creditore aveva due debitori; l’uno gli doveva cinquecento denari e l’altro cinquanta. E poiché non avevano di che pagare condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?» Simone rispose: «Ritengo sia colui al quale ha condonato di più». Gesù gli disse: «Hai giudicato rettamente». E, voltatosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Io sono entrato in casa tua, e tu non mi hai dato dell’acqua per i piedi; ma lei mi ha rigato i piedi di lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; ma lei, da quando sono entrato, non ha smesso di baciarmi i piedi. Tu non mi hai versato l’olio sul capo; ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi. Perciò, io ti dico: i suoi molti peccati le sono perdonati, perché ha molto amato; ma colui a cui poco è perdonato, poco ama». Poi disse alla donna: «I tuoi peccati sono perdonati». Quelli che erano a tavola con lui, cominciarono a dire in loro stessi: «Chi è costui che perdona anche i peccati?»
Commento:
Gesù viene invitato ad un banchetto dove emergono due figure. Il fariseo uomo sicuro e orgoglioso della sua fede e del suo credo religioso. Gesù rivela a quest’uomo un tratto di Dio che il fariseo forse non conosce, abituato e preoccupato piuttosto dell’osservanza esteriore della legge. Gesù rivela la Misericordia del Padre che vuole salvare ogni figlio e ogni figlio che abbandonano la via del peccato e cercano di ritrovare la propria dignità nell’abbraccio misericordioso di Gesù.
La seconda figura che incontriamo è la donna, che conosce il proprio peccato. Nelle parole ascoltate da Gesù nella sua città la donna comprende e riconosce la voce del buon pastore che accoglie e perdona, senza condannare od emarginare, il cuore di questa donna intuisce che sarebbe stata amata veramente dal maestro e restituita alla sua dignità di donna e di figlia di Dio.
Padre nostro…

3° mistero della Misericordia
Gesù racconta la parabola del Buon Samaritano (Lc 10, 29-37)
Parabola del buon samaritano
Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». Gesù riprese:
«Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ lo stesso».
Commento:
Gesù con il racconto della parabola del buon samaritano ci ricorda come l’amore per il prossimo non si pone delle domande, ma costata semplicemente che c’è un bisogno ed è questo che deve spingere ad agire a prescindere dalla cultura, dall’appartenenza religiosa sociale od altroché necessita chi deve ricevere assistenza. Gesù con questa parabola ci mette in guardia da quella religiosità legale e senza cuore che può condurre anche coloro che dovrebbero essere di esempio per gli altri a comportarsi in modo disumano. La Misericordia di Dio e la carità verso il prossimo sono gli unici atteggiamenti religiosi autentici. Al di fuori della carità non può che esserci ipocrisia, indifferenza ed egoismo.
Padre nostro….

4° mistero della  Misericordia
 Gesù racconta la parabola della pecora perduta (Lc 15,04-07)
La pecora perduta
«Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.
Commento:
Dio si preoccupa di tutti coloro che sono nel pericolo. Ciò che rallegra il cuore di Dio è ritrovare ciò che è perduto. Il tema di questo racconto è la gioia di Dio che Gesù ci rivela. Dio vuole che tutti gli uomini accolgano la sua Misericordia che si è manifestata nel mandare suo Figlio a cercare ciò che era perduto. Gesù ha dato la vita per tutti e non vuole che le anime si perdano eternamente nel peccato, L’atteggiamento della Chiesa sull’esempio del maestro è quello di andare a cercare coloro che si sono allontanati e rischiano di perdersi, La Chiesa cerca, accoglie e riconcilia in Cristo, con il Padre della Misericordia.
Padre nostro…

5° mistero della Misericordia
Gesù racconta la parabola del padre misericordioso  (Lc 15,11-32)
Il figlio perduto e il figlio fedele: “il figlio prodigo”
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre.
Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».
Commento:
Nella parabola del figlio prodigo, impariamo a contemplare e a conoscere il cuore del padre che Gesù ci rivela. Il Padre della parabola apre le braccia e riaccoglie il figlio che si era perso ma che ora è stato ritrovato. Ogni uomo e ogni donna è un bene da accogliere e da restituire e ricostituire nella propria dignità. La tentazione è quella di trovarsi nella condizione del figlio maggiore, incapace di gioire per il ritorno a casa del figlio minore. La Misericordia di Dio Padre ci ricorda che come figli di Dio dobbiamo imparare ad avere e coltivare i suoi stessi sentimenti.
Padre nostro….

Il Giubileo nella Bibbia. Giustizia e condivisione

Cari fratelli e sorelle, buongiorno e buon cammino di Quaresima!

È bello e anche significativo avere questa udienza proprio in questo Mercoledì delle Ceneri. Incominciamo il cammino della Quaresima, e oggi ci soffermiamo sull’antica istituzione del “giubileo”; è una cosa antica, attestata nella Sacra Scrittura. La troviamo in particolare nel Libro del Levitico, che la presenta come un momento culminante della vita religiosa e sociale del popolo d’Israele.

Ogni 50 anni, «nel giorno dell’espiazione» (Lv 25,9), quando la misericordia del Signore veniva invocata su tutto il popolo, il suono del corno annunciava un grande evento di liberazione. Leggiamo infatti nel libro del Levitico: «Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia […] In quest’anno del giubileo ciascuno tornerà nella sua proprietà» (25,10.13). Secondo queste disposizioni, se qualcuno era stato costretto a vendere la sua terra o la sua casa, nel giubileo poteva rientrarne in possesso; e se qualcuno aveva contratto debiti e, impossibilitato a pagarli, fosse stato costretto a mettersi al servizio del creditore, poteva tornarsene libero alla sua famiglia e riavere tutte le proprietà.

Era una specie di “condono generale”, con cui si permetteva a tutti di tornare nella situazione originaria, con la cancellazione di ogni debito, la restituzione della terra, e la possibilità di godere di nuovo della libertà propria dei membri del popolo di Dio. Un popolo “santo”, dove prescrizioni come quella del giubileo servivano a combattere la povertà e la disuguaglianza, garantendo una vita dignitosa per tutti e un’equa distribuzione della terra su cui abitare e da cui trarre sostentamento. L’idea centrale è che la terra appartiene originariamente a Dio ed è stata affidata agli uomini (cfr Gen 1,28-29), e perciò nessuno può arrogarsene il possesso esclusivo, creando situazioni di disuguaglianza. Questo, oggi, possiamo pensarlo e ripensarlo; ognuno nel suo cuore pensi se ha troppe cose. Ma perché non lasciare a quelli che non hanno niente? Il dieci per cento, il cinquanta per cento… Io dico: che lo Spirito Santo ispiri ognuno di voi.

Con il giubileo, chi era diventato povero ritornava ad avere il necessario per vivere, e chi era diventato ricco restituiva al povero ciò che gli aveva preso. Il fine era una società basata sull’uguaglianza e la solidarietà, dove la libertà, la terra e il denaro ridiventassero un bene per tutti e non solo per alcuni, come accade adesso, se non sbaglio… Più o meno, le cifre non sono sicure, ma l’ottanta per cento delle ricchezze dell’umanità sono nelle mani di meno del venti per cento della popolazione. È un giubileo – e questo lo dico ricordando la nostra storia di salvezza – per convertirsi, perché il nostro cuore diventi più grande, più generoso, più figlio di Dio, con più amore. Vi dico una cosa: se questo desiderio, se il giubileo non arriva alle tasche, non è un vero giubileo. Avete capito? E questo è nella Bibbia! Non lo inventa questo Papa: è nella Bibbia. Il fine – come ho detto – era una società basata sull’uguaglianza e la solidarietà, dove la libertà, la terra e il denaro diventassero un bene per tutti e non per alcuni. Infatti il giubileo aveva la funzione di aiutare il popolo a vivere una fraternità concreta, fatta di aiuto reciproco. Possiamo dire che il giubileo biblico era un “giubileo di misericordia”, perché vissuto nella ricerca sincera del bene del fratello bisognoso.

Nella stessa linea, anche altre istituzioni e altre leggi governavano la vita del popolo di Dio, perché si potesse sperimentare la misericordia del Signore attraverso quella degli uomini. In quelle norme troviamo indicazioni valide anche oggi, che fanno riflettere. Ad esempio, la legge biblica prescriveva il versamento delle “decime” che venivano destinate ai Leviti, incaricati del culto, i quali erano senza terra, e ai poveri, agli orfani, alle vedove (cfr Dt 14,22-29). Si prevedeva cioè che la decima parte del raccolto, o dei proventi di altre attività, venisse data a coloro che erano senza protezione e in stato di necessità, così da favorire condizioni di relativa uguaglianza all’interno di un popolo in cui tutti dovevano comportarsi da fratelli.

C’era anche la legge concernente le “primizie”. Che cos’è questo? La prima parte del raccolto, la parte più preziosa, doveva essere condivisa con i Leviti e gli stranieri (cfr Dt 18,4-5; 26,1-11), che non possedevano campi, così che anche per loro la terra fosse fonte di nutrimento e di vita. «La terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e ospiti», dice il Signore (Lv 25,23). Siamo tutti ospiti del Signore, in attesa della patria celeste (cfr Eb 11,13-16; 1Pt 2,11), chiamati a rendere abitabile e umano il mondo che ci accoglie. E quante “primizie” chi è più fortunato potrebbe donare a chi è in difficoltà! Quante primizie! Primizie non solo dei frutti dei campi, ma di ogni altro prodotto del lavoro, degli stipendi, dei risparmi, di tante cose che si possiedono e che a volte si sprecano. Questo succede anche oggi. Nell’Elemosineria apostolica arrivano tante lettere con un po’ di denaro: “Questa è una parte del mio stipendio per aiutare altri”. E questo è bello; aiutare gli altri, le istituzioni di beneficenza, gli ospedali, le case di riposo…; dare anche ai forestieri, quelli che sono stranieri e sono di passaggio. Gesù è stato di passaggio in Egitto.

E proprio pensando a questo, la Sacra Scrittura esorta con insistenza a rispondere generosamente alle richieste di prestiti, senza fare calcoli meschini e senza pretendere interessi impossibili: «Se il tuo fratello che è presso di te cade in miseria ed è privo di mezzi, aiutalo, come un forestiero e ospite, perché possa vivere presso di te. Non prendere da lui interessi, né utili; ma temi il tuo Dio e fa’ vivere il tuo fratello presso di te. Non gli presterai il denaro a interesse, né gli darai il vitto ad usura» (Lv 25,35-37). Questo insegnamento è sempre attuale. Quante famiglie sono sulla strada, vittime dell’usura! Per favore preghiamo, perché in questo giubileo il Signore tolga dal cuore di tutti noi questa voglia di avere di più, l’usura. Che si ritorni ad essere generosi, grandi. Quante situazioni di usura siamo costretti a vedere e quanta sofferenza e angoscia portano alle famiglie! E tante volte, nella disperazione, quanti uomini finiscono nel suicidio perché non ce la fanno e non hanno la speranza, non hanno la mano tesa che li aiuti; soltanto la mano che viene a fargli pagare gli interessi. È un grave peccato l’usura, è un peccato che grida al cospetto di Dio. Il Signore invece ha promesso la sua benedizione a chi apre la mano per dare con larghezza (cfr Dt 15,10). Lui ti darà il doppio, forse non in soldi ma in altre cose, ma il Signore ti darà sempre il doppio.

Cari fratelli e sorelle, il messaggio biblico è molto chiaro: aprirsi con coraggio alla condivisione, e questo è misericordia! E se noi vogliamo misericordia da Dio incominciamo a farla noi. È questo: incominciamo a farla noi tra concittadini, tra famiglie, tra popoli, tra continenti. Contribuire a realizzare una terra senza poveri vuol dire costruire società senza discriminazioni, basate sulla solidarietà che porta a condividere quanto si possiede, in una ripartizione delle risorse fondata sulla fratellanza e sulla giustizia. Grazie. 

lunedì 8 febbraio 2016

Ricevuto dal Centro Missionario Padre De Foucauld di Cuneo:



Cuneo, 5 febbraio 2016

Pellegrinaggio e Deserto
          Carissimi/e,
a tutti e a ognuno: BUON INIZIO di QUARESIMA!
Questo mese, anticipo un poco il messaggio del deserto per comunicarvi alcune cose riguardo al pellegrinaggio di febbraio.

Per tutti quelli che, non troppo lontani, fanno riferimento a Cuneo (gli amici di Genova e di Torino infatti sono già informati per il pellegrinaggio alla Madonna della Guardia e alla Consolata), il pellegrinaggio sarà Domenica 14 febbraio, con il seguente orario:
Ore 5                 rosario commentato nella chiesa della comunità
Ore 6                 pellegrinaggio verso la parrocchia del Cuore Immacolato di Maria
Ore 7                 Celebrazione dell’Eucarestia

L’invito è rivolto a tutti, ma ci rendiamo conto che per un certo numero di voi diventa sempre più difficile partecipare. Anche noi fratelli e sorelle della comunità, fino a 20anni fa andavano tutti a Fontanelle con il Padre l’11 febbraio. Adesso sapete come facciamo? Le sorelle e i fratelli che non riescono più a camminare per un lungo percorso, si fermeranno in cripta e pregheranno vicino “al Padre” le 4 parti del rosario. Tutti gli altri gioiscono nel poter fare il pellegrinaggio. Lo scrivo perché anche qualcuno di voi, che per tanti anni ha preso parte al pellegrinaggio e ora deve rinunciare, potrebbe mettere la sveglia un po’ più presto del solito, domenica 14, e pregare un bel rosario a casa sua.

Mettiamo quest’intenzione comunitaria: Che la nostra preghiera ci porti, quest’anno, nel cuore della Misericordia. Sia nel riceverla dal Signore sia nel viverla nei nostri rapporti, cominciando dalle persone più vicine a noi.

E mi collego al messaggio del mese scorso: “decidiamo di vigilare sul nostro linguaggio perché esprima misericordia, verità e speranza”

Incontrando oltre 4,000 consacrati e consacrate provenienti da tutto il mondo, Papa Francesco, lunedì 1° febbraio ha di nuovo pronunciato parole fortissime sul male delle chiacchiere. Concludendo in questo modo: “Se in quest’anno della Misericordia, ognuno di voi riuscisse a mai fare il “terrorista” chiacchierone o chiacchierona (poco prima ha detto, come già in precedenti occasioni “chi chiacchiera è un terrorista dentro la propria comunità… perché distrugge le persone”) sarebbe un successo per la chiesa, un grande successo di santità! Fatevi coraggio!”

Che lo Spirito Santo ci faccia diventare tutti più buoni e misericordiosi nelle parole in quest’anno della misericordia! Pregando di più, pregando meglio.

Deserto mensile Domenica 21 febbraio

Vi attendiamo con gioia per la giornata di deserto. Una bella tappa nel cammino quaresimale verso la Pasqua. Lo sapete che nei tempi forti della liturgia, il tracciato della Parola di Dio è stato scelto con particolare cura. Mettiamoci in ascolto della Parola con un atteggiamento in sintonia con quest’anno del giubileo. Vi suggerisco di leggere e pregare la Parola con una domanda allo Spirito Santo: Signore che cosa mi dice questo passo sulla tua misericordia? Non preoccupatevi di avere subito la risposta, non abbiate fretta. È tanto importante fare la domanda e attendere con pazienza e senso di sorpresa, la risposta.

Concludo suggerendovi un piccolo libro che ho appena finito di leggere. È l’ultimo scritto da J. Vanier, questa profeta dei poveri che raggiunge quest’anno la bella età di 88 anni.
‘Chi risponde al grido?’ (J. Vanier. Cittadella)

Vi saluto con profonda unità anche a nome delle sorelle e dei fratelli,
Pino