CAPITOLO SESTO
EDUCAZIONE E SPIRITUALITÀ ECOLOGICA
202. Molte cose devono riorientare la propria rotta,
ma prima di tutto è l’umanità che ha bisogno di cambiare. Manca la coscienza di
un’origine comune, di una mutua appartenenza e di un futuro condiviso da tutti.
Questa consapevolezza di base permetterebbe lo sviluppo di nuove convinzioni,
nuovi atteggiamenti e stili di vita. Emerge così una grande sfida culturale,
spirituale e educativa che implicherà lunghi processi di rigenerazione.
I. PUNTARE SU UN ALTRO STILE DI VITA
203. Dal momento che il mercato tende a creare un
meccanismo consumistico compulsivo per piazzare i suoi prodotti, le persone
finiscono con l’essere travolte dal vortice degli acquisti e delle spese
superflue. Il consumismo ossessivo è il riflesso soggettivo del paradigma
tecno-economico. Accade ciò che già segnalava Romano Guardini: l’essere umano
«accetta gli oggetti ordinari e le forme consuete della vita così come gli sono
imposte dai piani razionali e dalle macchine normalizzate e, nel complesso, lo
fa con l’impressione che tutto questo sia ragionevole e giusto».[144] Tale
paradigma fa credere a tutti che sono liberi finché conservano una pretesa
libertà di consumare, quando in realtà coloro che possiedono la libertà sono
quelli che fanno parte della minoranza che detiene il potere economico e
finanziario. In questa confusione, l’umanità postmoderna non ha trovato una
nuova comprensione di sé stessa che possa orientarla, e questa mancanza di
identità si vive con angoscia. Abbiamo troppi mezzi per scarsi e rachitici
fini.
204. La situazione attuale del mondo «provoca un senso
di precarietà e di insicurezza, che a sua volta favorisce forme di egoismo
collettivo».[145] Quando
le persone diventano autoreferenziali e si isolano nella loro coscienza,
accrescono la propria avidità. Più il cuore della persona è vuoto, più ha
bisogno di oggetti da comprare, possedere e consumare. In tale contesto non
sembra possibile che qualcuno accetti che la realtà gli ponga un limite. In
questo orizzonte non esiste nemmeno un vero bene comune. Se tale è il tipo di
soggetto che tende a predominare in una società, le norme saranno rispettate
solo nella misura in cui non contraddicano le proprie necessità. Perciò non
pensiamo solo alla possibilità di terribili fenomeni climatici o grandi
disastri naturali, ma anche a catastrofi derivate da crisi sociali, perché
l’ossessione per uno stile di vita consumistico, soprattutto quando solo pochi
possono sostenerlo, potrà provocare soltanto violenza e distruzione reciproca.
205. Eppure, non tutto è perduto, perché gli esseri
umani, capaci di degradarsi fino all’estremo, possono anche superarsi,
ritornare a scegliere il bene e rigenerarsi, al di là di qualsiasi
condizionamento psicologico e sociale che venga loro imposto. Sono capaci di
guardare a sé stessi con onestà, di far emergere il proprio disgusto e di
intraprendere nuove strade verso la vera libertà. Non esistono sistemi che
annullino completamente l’apertura al bene, alla verità e alla bellezza, né la
capacità di reagire, che Dio continua ad incoraggiare dal profondo dei nostri
cuori. Ad ogni persona di questo mondo chiedo di non dimenticare questa sua
dignità che nessuno ha diritto di toglierle.
206. Un cambiamento negli stili di vita potrebbe
arrivare ad esercitare una sana pressione su coloro che detengono il potere
politico, economico e sociale. È ciò che accade quando i movimenti dei
consumatori riescono a far sì che si smetta di acquistare certi prodotti e così
diventano efficaci per modificare il comportamento delle imprese, forzandole a
considerare l’impatto ambientale e i modelli di produzione. È un fatto che,
quando le abitudini sociali intaccano i profitti delle imprese, queste si
vedono spinte a produrre in un altro modo. Questo ci ricorda la responsabilità
sociale dei consumatori. «Acquistare è sempre un atto morale, oltre che
economico».[146] Per
questo oggi «il tema del degrado ambientale chiama in causa i comportamenti di
ognuno di noi».[147]
207. La Carta della Terra ci chiamava tutti a
lasciarci alle spalle una fase di autodistruzione e a cominciare di nuovo, ma
non abbiamo ancora sviluppato una coscienza universale che lo renda possibile.
Per questo oso proporre nuovamente quella preziosa sfida: «Come mai prima d’ora
nella storia, il destino comune ci obbliga a cercare un nuovo inizio […]. Possa
la nostra epoca essere ricordata per il risveglio di una nuova riverenza per la
vita, per la risolutezza nel raggiungere la sostenibilità, per l’accelerazione
della lotta per la giustizia e la pace, e per la gioiosa celebrazione della
vita».[148]
208. E’ sempre possibile sviluppare una nuova capacità
di uscire da sé stessi verso l’altro. Senza di essa non si riconoscono le altre
creature nel loro valore proprio, non interessa prendersi cura di qualcosa a
vantaggio degli altri, manca la capacità di porsi dei limiti per evitare la
sofferenza o il degrado di ciò che ci circonda. L’atteggiamento fondamentale di
auto-trascendersi, infrangendo la coscienza isolata e l’autoreferenzialità, è
la radice che rende possibile ogni cura per gli altri e per l’ambiente, e fa
scaturire la reazione morale di considerare l’impatto provocato da ogni azione
e da ogni decisione personale al di fuori di sé. Quando siamo capaci di
superare l’individualismo, si può effettivamente produrre uno stile di vita
alternativo e diventa possibile un cambiamento rilevante nella società.
II. EDUCARE ALL’ALLEANZA TRA L’UMANITÀ E L’AMBIENTE
209. La coscienza della gravità della crisi culturale
ed ecologica deve tradursi in nuove abitudini. Molti sanno che il progresso
attuale e il semplice accumulo di oggetti o piaceri non bastano per dare senso
e gioia al cuore umano, ma non si sentono capaci di rinunciare a quanto il
mercato offre loro. Nei Paesi che dovrebbero produrre i maggiori cambiamenti di
abitudini di consumo, i giovani hanno una nuova sensibilità ecologica e uno
spirito generoso, e alcuni di loro lottano in modo ammirevole per la difesa
dell’ambiente, ma sono cresciuti in un contesto di altissimo consumo e di
benessere che rende difficile la maturazione di altre abitudini. Per questo ci
troviamo davanti ad una sfida educativa.
210. L’educazione ambientale è andata allargando i
suoi obiettivi. Se all’inizio era molto centrata sull’informazione scientifica
e sulla presa di coscienza e prevenzione dei rischi ambientali, ora tende a includere
una critica dei “miti” della modernità basati sulla ragione strumentale
(individualismo, progresso indefinito, concorrenza, consumismo, mercato senza
regole) e anche a recuperare i diversi livelli dell’equilibrio ecologico:
quello interiore con sé stessi, quello solidale con gli altri, quello naturale
con tutti gli esseri viventi, quello spirituale con Dio. L’educazione
ambientale dovrebbe disporci a fare quel salto verso il Mistero, da cui
un’etica ecologica trae il suo senso più profondo. D’altra parte ci sono
educatori capaci di reimpostare gli itinerari pedagogici di un’etica ecologica,
in modo che aiutino effettivamente a crescere nella solidarietà, nella
responsabilità e nella cura basata sulla compassione.
211. Tuttavia, questa educazione, chiamata a creare
una “cittadinanza ecologica”, a volte si limita a informare e non riesce a far
maturare delle abitudini. L’esistenza di leggi e norme non è sufficiente a
lungo termine per limitare i cattivi comportamenti, anche quando esista un
valido controllo. Affinché la norma giuridica produca effetti rilevanti e
duraturi è necessario che la maggior parte dei membri della società l’abbia
accettata a partire da motivazioni adeguate, e reagisca secondo una
trasformazione personale. Solamente partendo dal coltivare solide virtù è
possibile la donazione di sé in un impegno ecologico. Se una persona, benché le
proprie condizioni economiche le permettano di consumare e spendere di più,
abitualmente si copre un po’ invece di accendere il riscaldamento, ciò suppone
che abbia acquisito convinzioni e modi di sentire favorevoli alla cura
dell’ambiente. È molto nobile assumere il compito di avere cura del creato con
piccole azioni quotidiane, ed è meraviglioso che l’educazione sia capace di
motivarle fino a dar forma ad uno stile di vita. L’educazione alla
responsabilità ambientale può incoraggiare vari comportamenti che hanno
un’incidenza diretta e importante nella cura per l’ambiente, come evitare l’uso
di materiale plastico o di carta, ridurre il consumo di acqua, differenziare i
rifiuti, cucinare solo quanto ragionevolmente si potrà mangiare, trattare con
cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico o condividere
un medesimo veicolo tra varie persone, piantare alberi, spegnere le luci
inutili, e così via. Tutto ciò fa parte di una creatività generosa e dignitosa,
che mostra il meglio dell’essere umano. Riutilizzare qualcosa invece di
disfarsene rapidamente, partendo da motivazioni profonde, può essere un atto di
amore che esprime la nostra dignità.
212. Non bisogna pensare che questi sforzi non
cambieranno il mondo. Tali azioni diffondono un bene nella società che sempre
produce frutti al di là di quanto si possa constatare, perché provocano in seno
a questa terra un bene che tende sempre a diffondersi, a volte invisibilmente.
Inoltre, l’esercizio di questi comportamenti ci restituisce il senso della
nostra dignità, ci conduce ad una maggiore profondità esistenziale, ci permette
di sperimentare che vale la pena passare per questo mondo.
213. Gli ambiti educativi sono vari: la scuola, la
famiglia, i mezzi di comunicazione, la catechesi, e altri. Una buona educazione
scolastica nell’infanzia e nell’adolescenza pone semi che possono produrre
effetti lungo tutta la vita. Ma desidero sottolineare l’importanza centrale
della famiglia, perché «è il luogo in cui la vita, dono di Dio, può essere
adeguatamente accolta e protetta contro i molteplici attacchi a cui è esposta,
e può svilupparsi secondo le esigenze di un’autentica crescita umana. Contro la
cosiddetta cultura della morte, la famiglia costituisce la sede della cultura
della vita».[149] Nella
famiglia si coltivano le prime abitudini di amore e cura per la vita, come per
esempio l’uso corretto delle cose, l’ordine e la pulizia, il rispetto per
l’ecosistema locale e la protezione di tutte le creature. La famiglia è il
luogo della formazione integrale, dove si dispiegano i diversi aspetti,
intimamente relazionati tra loro, della maturazione personale. Nella famiglia
si impara a chiedere permesso senza prepotenza, a dire “grazie” come
espressione di sentito apprezzamento per le cose che riceviamo, a dominare l’aggressività
o l’avidità, e a chiedere scusa quando facciamo qualcosa di male. Questi
piccoli gesti di sincera cortesia aiutano a costruire una cultura della vita
condivisa e del rispetto per quanto ci circonda.
214. Alla politica e alle varie associazioni compete
uno sforzo di formazione delle coscienze. Compete anche alla Chiesa. Tutte le
comunità cristiane hanno un ruolo importante da compiere in questa educazione.
Spero altresì che nei nostri seminari e nelle case religiose di formazione si
educhi ad una austerità responsabile, alla contemplazione riconoscente del
mondo, alla cura per la fragilità dei poveri e dell’ambiente. Poiché grande è
la posta in gioco, così come occorrono istituzioni dotate di potere per
sanzionare gli attacchi all’ambiente, altrettanto abbiamo bisogno di
controllarci e di educarci l’un l’altro.
215. In questo contesto, «non va trascurata […] la
relazione che c’è tra un’adeguata educazione estetica e il mantenimento di un
ambiente sano».[150] Prestare
attenzione alla bellezza e amarla ci aiuta ad uscire dal pragmatismo
utilitaristico. Quando non si impara a fermarsi ad ammirare ed apprezzare il
bello, non è strano che ogni cosa si trasformi in oggetto di uso e abuso senza
scrupoli. Allo stesso tempo, se si vuole raggiungere dei cambiamenti profondi,
bisogna tener presente che i modelli di pensiero influiscono realmente sui
comportamenti. L’educazione sarà inefficace e i suoi sforzi saranno sterili se
non si preoccupa anche di diffondere un nuovo modello riguardo all’essere
umano, alla vita, alla società e alla relazione con la natura. Altrimenti
continuerà ad andare avanti il modello consumistico trasmesso dai mezzi di
comunicazione e attraverso gli efficaci meccanismi del mercato.
III. LA CONVERSIONE ECOLOGICA
216. La grande ricchezza della spiritualità cristiana,
generata da venti secoli di esperienze personali e comunitarie, costituisce un
magnifico contributo da offrire allo sforzo di rinnovare l’umanità. Desidero
proporre ai cristiani alcune linee di spiritualità ecologica che nascono dalle
convinzioni della nostra fede, perché ciò che il Vangelo ci insegna ha
conseguenze sul nostro modo di pensare, di sentire e di vivere. Non si tratta
tanto di parlare di idee, quanto soprattutto delle motivazioni che derivano
dalla spiritualità al fine di alimentare una passione per la cura del mondo.
Infatti non sarà possibile impegnarsi in cose grandi soltanto con delle
dottrine, senza una mistica che ci animi, senza «qualche movente interiore che
dà impulso, motiva, incoraggia e dà senso all’azione personale e comunitaria».[151] Dobbiamo
riconoscere che non sempre noi cristiani abbiamo raccolto e fatto fruttare le
ricchezze che Dio ha dato alla Chiesa, dove la spiritualità non è disgiunta dal
proprio corpo, né dalla natura o dalle realtà di questo mondo, ma piuttosto
vive con esse e in esse, in comunione con tutto ciò che ci circonda.
217. Se «i deserti esteriori si moltiplicano nel
mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi»,[152] la
crisi ecologica è un appello a una profonda conversione interiore. Tuttavia
dobbiamo anche riconoscere che alcuni cristiani impegnati e dediti alla
preghiera, con il pretesto del realismo e della pragmaticità, spesso si fanno
beffe delle preoccupazioni per l’ambiente. Altri sono passivi, non si decidono
a cambiare le proprie abitudini e diventano incoerenti. Manca loro dunque una conversione
ecologica, che comporta il lasciar emergere tutte le conseguenze
dell’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo che li circonda. Vivere la
vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale di
un’esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un
aspetto secondario dell’esperienza cristiana.
218. Ricordiamo il modello di san Francesco d’Assisi,
per proporre una sana relazione col creato come una dimensione della
conversione integrale della persona. Questo esige anche di riconoscere i propri
errori, peccati, vizi o negligenze, e pentirsi di cuore, cambiare dal di
dentro. I Vescovi dell’Australia hanno saputo esprimere la conversione in
termini di riconciliazione con il creato: «Per realizzare questa
riconciliazione dobbiamo esaminare le nostre vite e riconoscere in che modo
offendiamo la creazione di Dio con le nostre azioni e con la nostra incapacità
di agire. Dobbiamo fare l’esperienza di una conversione, di una trasformazione
del cuore».[153]
219. Tuttavia, non basta che ognuno sia migliore per
risolvere una situazione tanto complessa come quella che affronta il mondo
attuale. I singoli individui possono perdere la capacità e la libertà di
vincere la logica della ragione strumentale e finiscono per soccombere a un
consumismo senza etica e senza senso sociale e ambientale. Ai problemi sociali
si risponde con reti comunitarie, non con la mera somma di beni individuali:
«Le esigenze di quest’opera saranno così immense che le possibilità delle
iniziative individuali e la cooperazione dei singoli, individualisticamente
formati, non saranno in grado di rispondervi. Sarà necessaria una unione di
forze e una unità di contribuzioni».[154] La
conversione ecologica che si richiede per creare un dinamismo di cambiamento
duraturo è anche una conversione comunitaria.
220. Tale conversione comporta vari atteggiamenti che
si coniugano per attivare una cura generosa e piena di tenerezza. In primo
luogo implica gratitudine e gratuità, vale a dire un riconoscimento del mondo
come dono ricevuto dall’amore del Padre, che provoca come conseguenza
disposizioni gratuite di rinuncia e gesti generosi anche se nessuno li vede o
li riconosce: «Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra […] e il
Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» (Mt 6,3-4).
Implica pure l’amorevole consapevolezza di non essere separati dalle altre
creature, ma di formare con gli altri esseri dell’universo una stupenda
comunione universale. Per il credente, il mondo non si contempla dal di fuori
ma dal di dentro, riconoscendo i legami con i quali il Padre ci ha unito a
tutti gli esseri. Inoltre, facendo crescere le capacità peculiari che Dio ha
dato a ciascun credente, la conversione ecologica lo conduce a sviluppare la
sua creatività e il suo entusiasmo, al fine di risolvere i drammi del mondo,
offrendosi a Dio «come sacrificio vivente, santo e gradito» (Rm 12,1).
Non interpreta la propria superiorità come motivo di gloria personale o di
dominio irresponsabile, ma come una diversa capacità che a sua volta gli impone
una grave responsabilità che deriva dalla sua fede.
221. Diverse convinzioni della nostra fede, sviluppate
all’inizio di questa Enciclica, aiutano ad arricchire il senso di tale conversione,
come la consapevolezza che ogni creatura riflette qualcosa di Dio e ha un
messaggio da trasmetterci, o la certezza che Cristo ha assunto in sé questo
mondo materiale e ora, risorto, dimora nell’intimo di ogni essere,
circondandolo con il suo affetto e penetrandolo con la sua luce. Come pure il
riconoscere che Dio ha creato il mondo inscrivendo in esso un ordine e un
dinamismo che l’essere umano non ha il diritto di ignorare. Quando leggiamo nel
Vangelo che Gesù parla degli uccelli e dice che «nemmeno uno di essi è
dimenticato davanti a Dio» (Lc 12,6), saremo capaci di maltrattarli
e far loro del male? Invito tutti i cristiani a esplicitare questa dimensione
della propria conversione, permettendo che la forza e la luce della grazia
ricevuta si estendano anche alla relazione con le altre creature e con il mondo
che li circonda, e susciti quella sublime fratellanza con tutto il creato che
san Francesco d’Assisi visse in maniera così luminosa.
IV. GIOIA E PACE
222. La spiritualità cristiana propone un modo alternativo
di intendere la qualità della vita, e incoraggia uno stile di vita profetico e
contemplativo, capace di gioire profondamente senza essere ossessionati dal
consumo. È importante accogliere un antico insegnamento, presente in diverse
tradizioni religiose, e anche nella Bibbia. Si tratta della convinzione che
“meno è di più”. Infatti il costante cumulo di possibilità di consumare distrae
il cuore e impedisce di apprezzare ogni cosa e ogni momento. Al contrario,
rendersi presenti serenamente davanti ad ogni realtà, per quanto piccola possa
essere, ci apre molte più possibilità di comprensione e di realizzazione
personale. La spiritualità cristiana propone una crescita nella sobrietà e una
capacità di godere con poco. È un ritorno alla semplicità che ci permette di
fermarci a gustare le piccole cose, di ringraziare delle possibilità che offre
la vita senza attaccarci a ciò che abbiamo né rattristarci per ciò che non
possediamo. Questo richiede di evitare la dinamica del dominio e della mera
accumulazione di piaceri.
223. La sobrietà, vissuta con libertà e
consapevolezza, è liberante. Non è meno vita, non è bassa intensità, ma tutto
il contrario. Infatti quelli che gustano di più e vivono meglio ogni momento
sono coloro che smettono di beccare qua e là, cercando sempre quello che non
hanno, e sperimentano ciò che significa apprezzare ogni persona e ad ogni cosa,
imparano a familiarizzare con le realtà più semplici e ne sanno godere. In
questo modo riescono a ridurre i bisogni insoddisfatti e diminuiscono la
stanchezza e l’ansia. Si può aver bisogno di poco e vivere molto, soprattutto
quando si è capaci di dare spazio ad altri piaceri e si trova soddisfazione
negli incontri fraterni, nel servizio, nel mettere a frutto i propri carismi,
nella musica e nell’arte, nel contatto con la natura, nella preghiera. La
felicità richiede di saper limitare alcune necessità che ci stordiscono,
restando così disponibili per le molteplici possibilità che offre la vita.
224. La sobrietà e l’umiltà non hanno goduto
nell’ultimo secolo di una positiva considerazione. Quando però si indebolisce
in modo generalizzato l’esercizio di qualche virtù nella vita personale e
sociale, ciò finisce col provocare molteplici squilibri, anche ambientali. Per
questo non basta più parlare solo dell’integrità degli ecosistemi. Bisogna
avere il coraggio di parlare dell’integrità della vita umana, della necessità
di promuovere e di coniugare tutti i grandi valori. La scomparsa dell’umiltà,
in un essere umano eccessivamente entusiasmato dalla possibilità di dominare
tutto senza alcun limite, può solo finire col nuocere alla società e
all’ambiente. Non è facile maturare questa sana umiltà e una felice sobrietà se
diventiamo autonomi, se escludiamo dalla nostra vita Dio e il nostro io ne
occupa il posto, se crediamo che sia la nostra soggettività a determinare ciò
che è bene e ciò che è male.
225. D’altra parte, nessuna persona può maturare in
una felice sobrietà se non è in pace con sé stessa. E parte di un’adeguata
comprensione della spiritualità consiste nell’allargare la nostra comprensione
della pace, che è molto più dell’assenza di guerra. La pace interiore delle
persone è molto legata alla cura dell’ecologia e al bene comune, perché,
autenticamente vissuta, si riflette in uno stile di vita equilibrato unito a
una capacità di stupore che conduce alla profondità della vita. La natura è
piena di parole d’amore, ma come potremo ascoltarle in mezzo al rumore
costante, alla distrazione permanente e ansiosa, o al culto dell’apparire?
Molte persone sperimentano un profondo squilibrio che le spinge a fare le cose
a tutta velocità per sentirsi occupate, in una fretta costante che a sua volta
le porta a travolgere tutto ciò che hanno intorno a sé. Questo incide sul modo
in cui si tratta l’ambiente. Un’ecologia integrale richiede di dedicare un po’
di tempo per recuperare la serena armonia con il creato, per riflettere sul
nostro stile di vita e i nostri ideali, per contemplare il Creatore, che vive
tra di noi e in ciò che ci circonda, e la cui presenza «non deve essere
costruita, ma scoperta e svelata».[155]
226. Stiamo parlando di un atteggiamento del cuore,
che vive tutto con serena attenzione, che sa rimanere pienamente presente
davanti a qualcuno senza stare a pensare a ciò che viene dopo, che si consegna
ad ogni momento come dono divino da vivere in pienezza. Gesù ci insegnava
questo atteggiamento quando ci invitava a guardare i gigli del campo e gli
uccelli del cielo, o quando, alla presenza di un uomo in ricerca, «fissò lo
sguardo su di lui» e «lo amò» (Mc 10,21). Lui sì che sapeva stare
pienamente presente davanti ad ogni essere umano e davanti ad ogni creatura, e
così ci ha mostrato una via per superare l’ansietà malata che ci rende
superficiali, aggressivi e consumisti sfrenati.
227. Un’espressione di questo atteggiamento è fermarsi
a ringraziare Dio prima e dopo i pasti. Propongo ai credenti che riprendano questa
preziosa abitudine e la vivano con profondità. Tale momento della benedizione,
anche se molto breve, ci ricorda il nostro dipendere da Dio per la vita,
fortifica il nostro senso di gratitudine per i doni della creazione, è
riconoscente verso quelli che con il loro lavoro forniscono questi beni, e
rafforza la solidarietà con i più bisognosi.
V. AMORE CIVILE E POLITICO
228. La cura per la natura è parte di uno stile di
vita che implica capacità di vivere insieme e di comunione. Gesù ci ha
ricordato che abbiamo Dio come nostro Padre comune e che questo ci rende
fratelli. L’amore fraterno può solo essere gratuito, non può mai essere un
compenso per ciò che un altro realizza, né un anticipo per quanto speriamo che
faccia. Per questo è possibile amare i nemici. Questa stessa gratuità ci porta
ad amare e accettare il vento, il sole o le nubi, benché non si sottomettano al
nostro controllo. Per questo possiamo parlare di una fraternità
universale.
229. Occorre sentire nuovamente che abbiamo bisogno
gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il
mondo, che vale la pena di essere buoni e onesti. Già troppo a lungo siamo
stati nel degrado morale, prendendoci gioco dell’etica, della bontà, della
fede, dell’onestà, ed è arrivato il momento di riconoscere che questa allegra
superficialità ci è servita a poco. Tale distruzione di ogni fondamento della
vita sociale finisce col metterci l’uno contro l’altro per difendere i propri
interessi, provoca il sorgere di nuove forme di violenza e crudeltà e impedisce
lo sviluppo di una vera cultura della cura dell’ambiente.
230. L’esempio di santa Teresa di Lisieux ci invita
alla pratica della piccola via dell’amore, a non perdere l’opportunità di una
parola gentile, di un sorriso, di qualsiasi piccolo gesto che semini pace e
amicizia. Un’ecologia integrale è fatta anche di semplici gesti quotidiani nei
quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo.
Viceversa, il mondo del consumo esasperato è al tempo stesso il mondo del maltrattamento
della vita in ogni sua forma.
231. L’amore, pieno di piccoli gesti di cura
reciproca, è anche civile e politico, e si manifesta in tutte le azioni che
cercano di costruire un mondo migliore. L’amore per la società e l’impegno per
il bene comune sono una forma eminente di carità, che riguarda non solo le
relazioni tra gli individui, ma anche «macro-relazioni, rapporti sociali,
economici, politici».[156] Per
questo la Chiesa ha proposto al mondo l’ideale di una «civiltà dell’amore».[157] L’amore
sociale è la chiave di un autentico sviluppo: «Per rendere la società più
umana, più degna della persona, occorre rivalutare l’amore nella vita sociale –
a livello, politico, economico, culturale - facendone la norma costante e
suprema dell’agire».[158] In
questo quadro, insieme all’importanza dei piccoli gesti quotidiani, l’amore
sociale ci spinge a pensare a grandi strategie che arrestino efficacemente il
degrado ambientale e incoraggino una cultura della cura che
impregni tutta la società. Quando qualcuno riconosce la vocazione di Dio a
intervenire insieme con gli altri in queste dinamiche sociali, deve ricordare
che ciò fa parte della sua spiritualità, che è esercizio della carità, e che in
tal modo matura e si santifica.
232. Non tutti sono chiamati a lavorare in maniera
diretta nella politica, ma in seno alla società fiorisce una innumerevole
varietà di associazioni che intervengono a favore del bene comune, difendendo
l’ambiente naturale e urbano. Per esempio, si preoccupano di un luogo pubblico
(un edificio, una fontana, un monumento abbandonato, un paesaggio, una piazza),
per proteggere, risanare, migliorare o abbellire qualcosa che è di tutti.
Intorno a loro si sviluppano o si recuperano legami e sorge un nuovo tessuto
sociale locale. Così una comunità si libera dall’indifferenza consumistica.
Questo vuol dire anche coltivare un’identità comune, una storia che si conserva
e si trasmette. In tal modo ci si prende cura del mondo e della qualità della
vita dei più poveri, con un senso di solidarietà che è allo stesso tempo
consapevolezza di abitare una casa comune che Dio ci ha affidato. Queste azioni
comunitarie, quando esprimono un amore che si dona, possono trasformarsi in
intense esperienze spirituali.
VI. I SEGNI SACRAMENTALI E IL RIPOSO CELEBRATIVO
233. L’universo si sviluppa in Dio, che lo riempie
tutto. Quindi c’è un mistero da contemplare in una foglia, in un sentiero,
nella rugiada, nel volto di un povero.[159] L’ideale
non è solo passare dall’esteriorità all’interiorità per scoprire l’azione di
Dio nell’anima, ma anche arrivare a incontrarlo in tutte le cose, come
insegnava san Bonaventura: «La contemplazione è tanto più elevata quanto più
l’uomo sente in sé l’effetto della grazia divina o quanto più sa riconoscere
Dio nelle altre creature».[160]
234. San Giovanni della Croce insegnava che tutto
quanto c’è di buono nelle cose e nelle esperienze del mondo «si trova
eminentemente in Dio in maniera infinita o, per dire meglio, Egli è ognuna di
queste grandezze che si predicano».[161] Non
è perché le cose limitate del mondo siano realmente divine, ma perché il
mistico sperimenta l’intimo legame che c’è tra Dio e tutti gli esseri, e così
«sente che Dio è per lui tutte le cose».[162] Se
ammira la grandezza di una montagna, non può separare questo da Dio, e
percepisce che tale ammirazione interiore che egli vive deve depositarsi nel
Signore: «Le montagne hanno delle cime, sono alte, imponenti, belle, graziose,
fiorite e odorose. Come quelle montagne è l’Amato per me. Le valli solitarie sono
quiete, amene, fresche, ombrose, ricche di dolci acque. Per la varietà dei loro
alberi e per il soave canto degli uccelli ricreano e dilettano grandemente il
senso e nella loro solitudine e nel loro silenzio offrono refrigerio e riposo:
queste valli è il mio Amato per me».[163]
235. I Sacramenti sono un modo privilegiato in cui la
natura viene assunta da Dio e trasformata in mediazione della vita
soprannaturale. Attraverso il culto siamo invitati ad abbracciare il mondo su
un piano diverso. L’acqua, l’olio, il fuoco e i colori sono assunti con tutta
la loro forza simbolica e si incorporano nella lode. La mano che benedice è
strumento dell’amore di Dio e riflesso della vicinanza di Cristo che è venuto
ad accompagnarci nel cammino della vita. L’acqua che si versa sul corpo del
bambino che viene battezzato è segno di vita nuova. Non fuggiamo dal mondo né
neghiamo la natura quando vogliamo incontrarci con Dio. Questo si può percepire
specialmente nella spiritualità dell’Oriente cristiano: «La bellezza, che in
Oriente è uno dei nomi con cui più frequentemente si suole esprimere la divina
armonia e il modello dell’umanità trasfigurata, si mostra dovunque: nelle forme
del tempio, nei suoni, nei colori, nelle luci e nei profumi».[164] Per
l’esperienza cristiana, tutte le creature dell’universo materiale trovano il
loro vero senso nel Verbo incarnato, perché il Figlio di Dio ha incorporato
nella sua persona parte dell’universo materiale, dove ha introdotto un germe di
trasformazione definitiva: «Il Cristianesimo non rifiuta la materia, la
corporeità; al contrario, la valorizza pienamente nell’atto liturgico, nel
quale il corpo umano mostra la propria natura intima di tempio dello Spirito e
arriva a unirsi al Signore Gesù, anche Lui fatto corpo per la salvezza del
mondo».[165]
236. Nell’Eucaristia il creato trova la sua maggiore elevazione.
La grazia, che tende a manifestarsi in modo sensibile, raggiunge un’espressione
meravigliosa quando Dio stesso, fatto uomo, arriva a farsi mangiare dalla sua
creatura. Il Signore, al culmine del mistero dell’Incarnazione, volle
raggiungere la nostra intimità attraverso un frammento di materia. Non
dall’alto, ma da dentro, affinché nel nostro stesso mondo potessimo incontrare
Lui. Nell’Eucaristia è già realizzata la pienezza, ed è il centro vitale
dell’universo, il centro traboccante di amore e di vita inesauribile. Unito al
Figlio incarnato, presente nell’Eucaristia, tutto il cosmo rende grazie a Dio.
In effetti l’Eucaristia è di per sé un atto di amore cosmico: «Sì, cosmico!
Perché anche quando viene celebrata sul piccolo altare di una chiesa di campagna,
l’Eucaristia è sempre celebrata, in certo senso, sull’altare del mondo».[166] L’Eucaristia
unisce il cielo e la terra, abbraccia e penetra tutto il creato. Il mondo, che
è uscito dalle mani di Dio, ritorna a Lui in gioiosa e piena adorazione: nel
Pane eucaristico «la creazione è protesa verso la divinizzazione, verso le
sante nozze, verso l’unificazione con il Creatore stesso».[167] Perciò
l’Eucaristia è anche fonte di luce e di motivazione per le nostre preoccupazioni
per l’ambiente, e ci orienta ad essere custodi di tutto il creato.
237. La domenica, la partecipazione all’Eucaristia ha
un’importanza particolare. Questo giorno, così come il sabato ebraico, si offre
quale giorno del risanamento delle relazioni dell’essere umano con Dio, con sé
stessi, con gli altri e con il mondo. La domenica è il giorno della
Risurrezione, il “primo giorno” della nuova creazione, la cui primizia è
l’umanità risorta del Signore, garanzia della trasfigurazione finale di tutta
la realtà creata. Inoltre, questo giorno annuncia «il riposo eterno dell’uomo
in Dio».[168] In
tal modo, la spiritualità cristiana integra il valore del riposo e della festa.
L’essere umano tende a ridurre il riposo contemplativo all’ambito dello sterile
e dell’inutile, dimenticando che così si toglie all’opera che si compie la cosa
più importante: il suo significato. Siamo chiamati a includere nel nostro
operare una dimensione ricettiva e gratuita, che è diversa da una semplice
inattività. Si tratta di un’altra maniera di agire che fa parte della nostra
essenza. In questo modo l’azione umana è preservata non solo da un vuoto
attivismo, ma anche dalla sfrenata voracità e dall’isolamento della coscienza
che porta a inseguire l’esclusivo beneficio personale. La legge del riposo
settimanale imponeva di astenersi dal lavoro nel settimo giorno, «perché
possano godere quiete il tuo bue e il tuo asino e possano respirare i figli
della tua schiava e il forestiero» (Es 23,12). Il riposo è un
ampliamento dello sguardo che permette di tornare a riconoscere i diritti degli
altri. Così, il giorno di riposo, il cui centro è l’Eucaristia, diffonde la sua
luce sull’intera settimana e ci incoraggia a fare nostra la cura della natura e
dei poveri.
VII. LA TRINITÀ E LA RELAZIONE TRA LE CREATURE
238. Il Padre è la fonte ultima di tutto, fondamento
amoroso e comunicativo di quanto esiste. Il Figlio, che lo riflette, e per
mezzo del quale tutto è stato creato, si unì a questa terra quando prese forma
nel seno di Maria. Lo Spirito, vincolo infinito d’amore, è intimamente presente
nel cuore dell’universo animando e suscitando nuovi cammini. Il mondo è stato
creato dalle tre Persone come unico principio divino, ma ognuna di loro
realizza questa opera comune secondo la propria identità personale. Per questo,
«quando contempliamo con ammirazione l’universo nella sua grandezza e bellezza,
dobbiamo lodare tutta la Trinità».[169]
239. Per i cristiani, credere in un Dio unico che è
comunione trinitaria porta a pensare che tutta la realtà contiene in sé
un’impronta propriamente trinitaria. San Bonaventura arrivò ad affermare che
l’essere umano, prima del peccato, poteva scoprire come ogni creatura
«testimonia che Dio è trino». Il riflesso della Trinità si poteva riconoscere
nella natura «quando né quel libro era oscuro per l’uomo, né l’occhio dell’uomo
si era intorbidato».[170] Il
santo francescano ci insegna che ogni creatura porta in sé una
struttura propriamente trinitaria, così reale che potrebbe essere
spontaneamente contemplata se lo sguardo dell’essere umano non fosse limitato,
oscuro e fragile. In questo modo ci indica la sfida di provare a leggere la
realtà in chiave trinitaria.
240. Le Persone divine sono relazioni sussistenti, e
il mondo, creato secondo il modello divino, è una trama di relazioni. Le
creature tendono verso Dio, e a sua volta è proprio di ogni essere vivente
tendere verso un’altra cosa, in modo tale che in seno all’universo possiamo
incontrare innumerevoli relazioni costanti che si intrecciano segretamente[171].
Questo non solo ci invita ad ammirare i molteplici legami che esistono tra le
creature, ma ci porta anche a scoprire una chiave della nostra propria
realizzazione. Infatti la persona umana tanto più cresce, matura e si santifica
quanto più entra in relazione, quando esce da sé stessa per vivere in comunione
con Dio, con gli altri e con tutte le creature. Così assume nella propria
esistenza quel dinamismo trinitario che Dio ha impresso in lei fin dalla sua
creazione. Tutto è collegato, e questo ci invita a maturare una spiritualità
della solidarietà globale che sgorga dal mistero della Trinità.
VIII. LA REGINA DI TUTTO IL CREATO
241. Maria, la madre che ebbe cura di Gesù, ora si
prende cura con affetto e dolore materno di questo mondo ferito. Così come
pianse con il cuore trafitto la morte di Gesù, ora ha compassione della
sofferenza dei poveri crocifissi e delle creature di questo mondo sterminate
dal potere umano. Ella vive con Gesù completamente trasfigurata, e tutte le
creature cantano la sua bellezza. È la Donna «vestita di sole, con la luna
sotto i piedi e una corona di dodici stelle sul suo capo» (Ap 12,1).
Elevata al cielo, è Madre e Regina di tutto il creato. Nel suo corpo glorificato,
insieme a Cristo risorto, parte della creazione ha raggiunto tutta la pienezza
della sua bellezza. Lei non solo conserva nel suo cuore tutta la vita di Gesù,
che «custodiva» con cura (cfr Lc 2,19.51), ma ora anche
comprende il senso di tutte le cose. Perciò possiamo chiederle che ci aiuti a
guardare questo mondo con occhi più sapienti.
242. Insieme a lei, nella santa famiglia di Nazaret,
risalta la figura di san Giuseppe. Egli ebbe cura e difese Maria e Gesù con il
suo lavoro e la sua presenza generosa, e li liberò dalla violenza degli
ingiusti portandoli in Egitto. Nel Vangelo appare come un uomo giusto,
lavoratore, forte. Ma dalla sua figura emerge anche una grande tenerezza, che
non è propria di chi è debole ma di chi è veramente forte, attento alla realtà
per amare e servire umilmente. Per questo è stato dichiarato custode della
Chiesa universale. Anche lui può insegnarci ad aver cura, può motivarci a
lavorare con generosità e tenerezza per proteggere questo mondo che Dio ci ha
affidato.
IX. AL DI LÀ DEL SOLE
243. Alla fine ci incontreremo faccia a faccia con
l’infinita bellezza di Dio (cfr 1 Cor 13,12) e potremo leggere
con gioiosa ammirazione il mistero dell’universo, che parteciperà insieme a noi
della pienezza senza fine. Sì, stiamo viaggiando verso il sabato dell’eternità,
verso la nuova Gerusalemme, verso la casa comune del cielo. Gesù ci dice:
«Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap21,5). La vita eterna sarà una
meraviglia condivisa, dove ogni creatura, luminosamente trasformata, occuperà il
suo posto e avrà qualcosa da offrire ai poveri definitivamente liberati.
244. Nell’attesa, ci uniamo per farci carico di questa
casa che ci è stata affidata, sapendo che ciò che di buono vi è in essa verrà
assunto nella festa del cielo. Insieme a tutte le creature, camminiamo su
questa terra cercando Dio, perché «se il mondo ha un principio ed è stato
creato, cerca chi lo ha creato, cerca chi gli ha dato inizio, colui che è il
suo Creatore».[172] Camminiamo
cantando! Che le nostre lotte e la nostra preoccupazione per questo pianeta non
ci tolgano la gioia della speranza.
245. Dio, che ci chiama alla dedizione generosa e a
dare tutto, ci offre le forze e la luce di cui abbiamo bisogno per andare
avanti. Nel cuore di questo mondo rimane sempre presente il Signore della vita
che ci ama tanto. Egli non ci abbandona, non ci lascia soli, perché si è unito
definitivamente con la nostra terra, e il suo amore ci conduce sempre a trovare
nuove strade. A Lui sia lode!
*****
246. Dopo questa prolungata riflessione, gioiosa e
drammatica insieme, propongo due preghiere, una che possiamo condividere tutti
quanti crediamo in un Dio creatore onnipotente, e un’altra affinché noi
cristiani sappiamo assumere gli impegni verso il creato che il Vangelo di Gesù
ci propone.
Preghiera
per la nostra terra
Dio
Onnipotente,
che sei presente in tutto l’universo
e nella più piccola delle tue creature,
Tu che circondi con la tua tenerezza
tutto quanto esiste,
riversa in noi la forza del tuo amore
affinché ci prendiamo cura
della vita e della bellezza.
Inondaci di pace, perché viviamo come fratelli e sorelle
senza nuocere a nessuno.
O Dio dei poveri,
aiutaci a riscattare gli abbandonati
e i dimenticati di questa terra
che tanto valgono ai tuoi occhi.
Risana la nostra vita,
affinché proteggiamo il mondo e non lo deprediamo,
affinché seminiamo bellezza
e non inquinamento e distruzione.
Tocca i cuori
di quanti cercano solo vantaggi
a spese dei poveri e della terra.
Insegnaci a scoprire il valore di ogni cosa,
a contemplare con stupore,
a riconoscere che siamo profondamente uniti
con tutte le creature
nel nostro cammino verso la tua luce infinita.
Grazie perché sei con noi tutti i giorni.
Sostienici, per favore, nella nostra lotta
per la giustizia, l’amore e la pace.
che sei presente in tutto l’universo
e nella più piccola delle tue creature,
Tu che circondi con la tua tenerezza
tutto quanto esiste,
riversa in noi la forza del tuo amore
affinché ci prendiamo cura
della vita e della bellezza.
Inondaci di pace, perché viviamo come fratelli e sorelle
senza nuocere a nessuno.
O Dio dei poveri,
aiutaci a riscattare gli abbandonati
e i dimenticati di questa terra
che tanto valgono ai tuoi occhi.
Risana la nostra vita,
affinché proteggiamo il mondo e non lo deprediamo,
affinché seminiamo bellezza
e non inquinamento e distruzione.
Tocca i cuori
di quanti cercano solo vantaggi
a spese dei poveri e della terra.
Insegnaci a scoprire il valore di ogni cosa,
a contemplare con stupore,
a riconoscere che siamo profondamente uniti
con tutte le creature
nel nostro cammino verso la tua luce infinita.
Grazie perché sei con noi tutti i giorni.
Sostienici, per favore, nella nostra lotta
per la giustizia, l’amore e la pace.
Preghiera
cristiana con il creato
Ti lodiamo,
Padre, con tutte le tue creature,
che sono uscite dalla tua mano potente.
Sono tue, e sono colme della tua presenza
e della tua tenerezza.
Laudato si’!
che sono uscite dalla tua mano potente.
Sono tue, e sono colme della tua presenza
e della tua tenerezza.
Laudato si’!
Figlio di
Dio, Gesù,
da te sono state create tutte le cose.
Hai preso forma nel seno materno di Maria,
ti sei fatto parte di questa terra,
e hai guardato questo mondo con occhi umani.
Oggi sei vivo in ogni creatura
con la tua gloria di risorto.
Laudato si’!
da te sono state create tutte le cose.
Hai preso forma nel seno materno di Maria,
ti sei fatto parte di questa terra,
e hai guardato questo mondo con occhi umani.
Oggi sei vivo in ogni creatura
con la tua gloria di risorto.
Laudato si’!
Spirito
Santo, che con la tua luce
orienti questo mondo verso l’amore del Padre
e accompagni il gemito della creazione,
tu pure vivi nei nostri cuori
per spingerci al bene.
Laudato si’!
orienti questo mondo verso l’amore del Padre
e accompagni il gemito della creazione,
tu pure vivi nei nostri cuori
per spingerci al bene.
Laudato si’!
Signore Dio,
Uno e Trino,
comunità stupenda di amore infinito,
insegnaci a contemplarti
nella bellezza dell’universo,
dove tutto ci parla di te.
Risveglia la nostra lode e la nostra gratitudine
per ogni essere che hai creato.
Donaci la grazia di sentirci intimamente uniti
con tutto ciò che esiste.
Dio d’amore, mostraci il nostro posto in questo mondo
come strumenti del tuo affetto
per tutti gli esseri di questa terra,
perché nemmeno uno di essi è dimenticato da te.
Illumina i padroni del potere e del denaro
perché non cadano nel peccato dell’indifferenza,
amino il bene comune, promuovano i deboli,
e abbiano cura di questo mondo che abitiamo.
I poveri e la terra stanno gridando:
Signore, prendi noi col tuo potere e la tua luce,
per proteggere ogni vita,
per preparare un futuro migliore,
affinché venga il tuo Regno
di giustizia, di pace, di amore e di bellezza.
Laudato si’!
Amen.
comunità stupenda di amore infinito,
insegnaci a contemplarti
nella bellezza dell’universo,
dove tutto ci parla di te.
Risveglia la nostra lode e la nostra gratitudine
per ogni essere che hai creato.
Donaci la grazia di sentirci intimamente uniti
con tutto ciò che esiste.
Dio d’amore, mostraci il nostro posto in questo mondo
come strumenti del tuo affetto
per tutti gli esseri di questa terra,
perché nemmeno uno di essi è dimenticato da te.
Illumina i padroni del potere e del denaro
perché non cadano nel peccato dell’indifferenza,
amino il bene comune, promuovano i deboli,
e abbiano cura di questo mondo che abitiamo.
I poveri e la terra stanno gridando:
Signore, prendi noi col tuo potere e la tua luce,
per proteggere ogni vita,
per preparare un futuro migliore,
affinché venga il tuo Regno
di giustizia, di pace, di amore e di bellezza.
Laudato si’!
Amen.
Dato a Roma,
presso San Pietro, il 24 maggio, Solennità di Pentecoste, dell’anno 2015, terzo
del mio Pontificato.
Franciscus
[8] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis (30
dicembre 1987), 34: AAS 80 (1988), 559.
[10] Discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la
Santa Sede (8 gennaio 2007): AAS 99
(2007), 73.
[15] Discorso a Santa Barbara, California (8 novembre 1997); cfr John
Chryssavgis, On Earth as in Heaven: Ecological Vision and Initiatives
of Ecumenical Patriarch Bartholomew, Bronx, New York, 2012.
[18] Discorso «Global
Responsibility and Ecological Sustainability: Closing Remarks», I Vertice
di Halki, Istanbul (20 giugno 2012).
[22] Conferenza dei Vescovi
Cattolici dell’Africa del Sud, Pastoral Statement on the Environmental
Crisis (5 settembre 1999).
[24] V Conferenza Generale
dell'Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, Documento di Aparecida (29
giugno 2007), 86.
[25] Conferenza dei Vescovi
Cattolici delle Filippine, Lettera pastorale What is Happening to our
Beautiful Land? (29 gennaio 1988).
[26] Conferenza Episcopale
Boliviana, Lettera pastorale sull’ambiente e lo sviluppo umano in Bolivia El
universo, don de Dios para la vida (2012), 17.
[27] Cfr Conferenza Episcopale
Tedesca. Commissione per gli Affari Sociali, Der Klimawandel:
Brennpunkt globaler, intergenerationeller und ökologischer Gerechtigkeit (settembre
2006), 28-30.
[28] Pontificio Consiglio della
Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa,
483.
[31] Conferenza dei Vescovi
Cattolici degli Stati Uniti, Global Climate Change: A Plea for
Dialogue, Prudence and the Common Good(15 giugno 2001).
[32] V Conferenza Generale
dell'Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, Documento di Aparecida (29
giugno 2007), 471.
[38] Cfr Angelus ad
Osnabrück (Germania) con le persone disabili, 16 novembre 1980: Insegnamenti 3/2
(1980), 1232.
[39] Benedetto XVI, Omelia per il solenne inizio del ministero petrino (24 aprile 2005): AAS 97
(2005), 711.
[42] Conferenza Episcopale Tedesca, Zukunft
der Schöpfung – Zukunft der Menschheit. Erklärung
der Deutschen Bischofskonferenz zu Fragen der Umwelt und der Energieversorgung (1980), II, 2.
[49] Il Catechismo insegna che Dio
ha voluto creare un mondo in cammino sino alla sua perfezione ultima, e che ciò
implica la presenza dell’imperfezione e del male fisico: cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 310.
[53] In questa prospettiva si pone
il contributo del P. Teilhard de Chardin; cfr Paolo VI, Discorso in uno stabilimento chimico-farmaceutico (24 febbraio 1966): Insegnamenti 4
(1966), 992-993; Giovanni Paolo II, Lettera al reverendo P. George V. Coyne (1 giugno 1988): Insegnamenti 11/2
(1988), 1715; Benedetto XVI, Omelia nella celebrazione dei Vespri ad Aosta (24 luglio 2009):Insegnamenti 5/2
(2009), 60.
[55] Conferenza dei Vescovi
Cattolici del Canada. Commissione Affari Sociali,
Lettera pastorale “You Love All That Exists… All Things Are Yours, God,
Lover of Life” (4 ottobre 2003), 1.
[56] Conferenza dei Vescovi
Cattolici del Giappone, Reverence for Life. A Message for the
Twenty-First Century (1 gennaio 2001), 89.
[59] Paul Ricœur, Philosophie
de la volonté. 2. Finitude et Culpabilité, Paris 2009, 216 (trad. it.: Finitudine
e colpa, Bologna, 1970, 258).
[70] Conferenza dell’Episcopato
Dominicano, Lettera pastorale Sobre la relación del hombre con la
naturaleza (15 marzo 1987).
[74] Discorso agli indigeni e ai campesinos del Messico, Cuilapán (29 gennaio 1979),
6: AAS 71 (1979), 209.
[75] Omelia nella Messa celebrata per gli agricoltori a Recife, Brasile (7 luglio 1980),
4: AAS 72 (1980), 926.
[77] Conferenza Episcopale
Paraguayana, Lettera pastorale El campesino paraguayo y la tierra (12
giugno 1983), 2, 4, d.
[78] Conferenza Episcopale della
Nuova Zelanda, Statement on Environmental Issues, Wellington (1
settembre 2006).
[80] Per tale motivo san Giustino
poté parlare di «semi del Verbo» nel mondo: cfr II Apologia 8,
1-2; 13, 3-6: PG 6,457-458; 467.
[81] Giovanni Paolo II, Discorso ai rappresentanti della scienza, della
cultura e degli alti studi nell’Università delle Nazioni Unite, Hiroshima (25 febbraio 1981), 3: AAS 73
(1981), 422.
[83] Romano Guardini, Das
Ende der Neuzeit, Würzburg 19659, 87 (ed. it.: La fine
dell'epoca moderna, Brescia 1987, 80).
[86] Pontificio Consiglio della
Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa,
462.
[94] Cfr Dichiarazione Love
for Creation. An Asian Response to the Ecological Crisis, Colloquio
promosso dalla Federazione delle Conferenze dei Vescovi dell’Asia (Tagaytay, 31
gennaio-5 febbraio 1993), 3.3.2.
[98] Cfr Vincenzo di Lérins, Commonitorium
primum, cap. 23: PL 50, 668: «Ut annis scilicet
consolidetur, dilatetur tempore, sublimetur aetate».
[110] Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze (3 ottobre 1981), 3: Insegnamenti 4/2
(1981), 333.
[112] Giovanni Paolo II, Discorso alla trentacinquesima Assemblea Generale
dell’Associazione Medica Mondiale (29
ottobre 1983), 6:AAS 76 (1984), 394.
[113] Commissione Episcopale di
Pastorale Sociale dell’Argentina, Una tierra para todos (giugno
2005), 19.
[117] Alcuni autori hanno mostrato i
valori che spesso si vivono, per esempio, nelle villas, chabolas o favelas dell’America
Latina: cfr Juan Carlos Scannone, S.J., «La irrupción del pobre y la lógica de
la gratitud», en Juan Carlos Scannone y Marcelo Perine (edd.),Irrupción
del pobre y quehacer filosófico. Hacia una nueva racionalidad, Buenos Aires
1993, 225-230.
[118] Pontificio Consiglio della Giustizia
e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa,
482.
[124] Conferenza Episcopale
Portoghese, Lettera pastorale Responsabilidade solidária pelo bem comum (15
settembre 2003), 20.
[127] Conferenza Episcopale
Boliviana, Lettera pastorale sull’ambiente e lo sviluppo umano in Bolivia El
Universo, don de Dios para la Vida (2012), 86.
[128] Pontificio Consiglio della
Giustizia e della Pace, Energia, Giustizia e Pace, IV, 1, Città del
Vaticano (2013), 56.
[131] Pontificio Consiglio della
Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa,
469.
[133] Cfr Conferenza Episcopale
Messicana. Commissione Episcopale per la Pastorale Sociale, Jesucristo,
vida y esperanza de los indígenas y campesinos (14 gennaio 2008).
[134] Pontificio Consiglio della
Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa,
470.
[141] Cfr Lett. enc. Lumen fidei (29 giugno 2013), 34: AAS 105
(2013), 577: «La luce della fede, in quanto unita alla verità dell’amore, non è
aliena al mondo materiale, perché l’amore si vive sempre in corpo e anima; la
luce della fede è luce incarnata, che procede dalla vita luminosa di Gesù. Essa
illumina anche la materia, confida nel suo ordine, conosce che in essa si apre
un cammino di armonia e di comprensione sempre più ampio. Lo sguardo della
scienza riceve così un beneficio dalla fede: questa invita lo scienziato a
rimanere aperto alla realtà, in tutta la sua ricchezza inesauribile. La fede
risveglia il senso critico, in quanto impedisce alla ricerca di essere
soddisfatta nelle sue formule e la aiuta a capire che la natura è sempre più
grande. Invitando alla meraviglia davanti al mistero del creato, la fede
allarga gli orizzonti della ragione per illuminare meglio il mondo che si
schiude agli studi della scienza».
[144] Das Ende der Neuzeit, Würzburg 19659, 66-67 (ed.
it. La fine
dell’epoca moderna, Brescia
1987, 61).
[152] Benedetto XVI, Omelia per il solenne inizio del ministero
petrino (24 aprile 2005): AAS 97
(2005), 710.
[153] Conferenza dei Vescovi
Cattolici dell’Australia, A New Earth. The Environmental Challenge (2002).
[158] Pontificio Consiglio della
Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa,
582.
[159] Un maestro spirituale, Ali
Al-Khawwas, a partire dalla sua esperienza, sottolineava la necessità di non
separare troppo le creature del mondo dall’esperienza di Dio nell’interiorità.
Diceva: «Non bisogna dunque biasimare per partito preso la gente che cerca
l’estasi nella musica e nella poesia. C’è un “segreto” sottile in ciascuno dei
movimenti e dei suoni di questo mondo. Gli iniziati arrivano a cogliere quello
che dicono il vento che soffia, gli alberi che si piegano, l’acqua che scorre,
le mosche che ronzano, le porte che cigolano, il canto degli uccelli, il
pizzicar di corde, il fischio del flauto, il sospiro dei malati, il gemito dell’afflitto…»(Eva
De Vitray-Meyerovitch [ed.], Anthologie du soufisme, Paris 1978,
200; trad. it.: I mistici dell’Islam, Parma 1991, 199).
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